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      La pratica della conciliazione fu potuta forse condurre lungo il pontificato di Celestino II, amico, come s'è detto, e condiscepolo suo. La breve durata di questo pontificato, dal 26 settembre 1143 all'8 marzo 1144, impedí che venisse a conclusione, mentre Celestino viveva; e la strozzata e torbida vita del pontificato di Lucio II, che gli successe, dal 12 marzo 1144 al febbraio 1145, fu causa che neanche questo pontefice vi attendesse o ne venisse a capo. Invece, Eugenio III potette e credette di poter compire l'opera iniziata da' suoi predecessori.
      Ma come si può spiegare? Arnaldo non poteva ritornare in Italia senza licenza del papa; e questa licenza non era possibile conseguirla senza promettere di rinsavire. E Arnaldo promise. Era già da cinque anni lontano dalla patria sua. Se ne struggeva. E forse in terra straniera non sentiva la sua parola efficace; non aveva amici, conforti, speranze. L'animo, che non piegò avanti alla morte, non resse a un esilio per necessità ozioso.
      O forse la spiegazione è un'altra(14).
     
      XIII.
     
      Arnaldo, dunque, sarebbe entrato in Roma in veste di penitente. Grande dovette essere la fiducia di Eugenio III negl'influssi salutari dei luoghi santi di Roma, per non aver sospettato che ogni altra cosa che avrebbe visto nella città, sarebbe servita di grande incentivo a risvegliare nell'uomo novo il vecchio. È lunga la storia della resistenza del Comune di Roma ai Pontefici, che volevano assumere nelle loro mani il governo. È resistenza di cui i motivi sono complessi e molteplici; le origini necessarie, naturali e pur buie; le vicende variissime, più volte oscure affatto, e non mai affatto chiare.


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Arnaldo da Brescia
di Ruggero Bonghi
pagine 61

   





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