Gli antichi scrittori non avevano dubitato di chiamarlo eretico, e di attribuirgli la creazione di una setta di Arnaldisti; ma senza spiegar bene in che quest'eresia consistesse. Ora, nella fine del secolo decimottavo, Giambattista Guadagnini, bresciano, un parroco, se non erro, di Cividale, persuaso che sarebbe tornato a onta di Brescia, se un suo figliolo fosse stato eresiarca, scrisse con molta erudizione un'apologia(24) intesa a provare, che nessuna delle opinioni, delle quali si poteva sicuramente affermare che fossero state espresse da Arnaldo, si poteva dire ereticale; e che quelle, ereticali davvero, che gli si erano attribuite, non erano mai state in realtà professate da lui. L'apologia del Guadagnini è scritta con molta libertà di giudizio e di censura rispetto alla Chiesa, come oggi nessun prete oserebbe di fare. Egli apparteneva, di certo, alla scuola del Ricci, del Tamburini, del Solari, del Degola, e di quell'altra, parte del sacerdozio italiano, i cui intenti avrebbero meritato dal laicato del lor tempo maggiore aiuto che non ebbero, e meriterebbero d'essere al laicato del tempo nostro piú noti che non sono. Checchessia di ciò, l'essersi il Guadagnini prefisso una tesi da una parte guastò a lui il libro, ma dall'altra, come suole quando una tesi è dimostrata con chiarezza e vigore, le sue conclusioni furono accettate comunemente dagli scrittori venuti dopo, quantunque questi non si facessero d'un eretico la stessa idea del Guadagnini, e non credessero Brescia svergognata per ciò solo, che un suo cittadino avesse preceduto Wicleffo, Huss, Lutero, Calvino, Zuinglio e via dicendo.
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