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      Forse nell'animo di tali scrittori ha prevalso l'odio contro la mala Papalis Curia, e la persuasione che la riputazione di questa avrebbe sofferto maggiore scapito, se fosse stato ammesso che la sola cupidigia di regno l'aveva resa cosí acerba e crudele contro Arnaldo; come se il punire col laccio l'eretico non sia peggio che punire il ribelle.Un altro pregiudizio, e peggiore, s'è aggiunto. I piú degli scrittori italiani, che hanno trattato d'Arnaldo, nutrono un gran disprezzo della teologia e delle quistioni teologiche; sicché, è parso lor bene di attribuirlo anche a lui, poiché l'avevano in tanta stima. Scrittori forestieri, non mossi dallo stesso sentimento, avendo l'occhio alla sua azione ed efficacia tutta pratica, hanno rilevato tanto questa, da non lasciar piú vedere o da negare ogni sua attitudine teorica e speculativa. È piaciuto farne il contrapposto di Abelardo; mettere il discepolo di fronte al maestro, e, secondo gli umori, trovare l'uno o l'altro superiore. Ora, qui ci son molti errori. Né in sé, né nella ragione degli studi dei tempi è vero che l'attitudine teorica e speculativa e la discussione acuta e sottile delle quistioni metafisiche e teologiche scemi valore all'attitudine pratica rivolta a mutare ordini sociali, politici e religiosi; ed è falso poi che l'una a quei tempi si scompagnasse dall'altra. D'altra parte, si può dire che Abelardo valga principalmente come teologo e filosofo; ma non perciò si ha l'obbligo di rendere ad Arnaldo il servigio, se servigio è, di disgradarlo come teologo e filosofo.


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Arnaldo da Brescia
di Ruggero Bonghi
pagine 61

   





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