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      Uomini meravigliosi per forza di mente e d'animo erano stati i papi che da Vittore II (1054-1057) a Calisto II (1119-1124) avevano governato la Chiesa. Ché la storia guarda i grandi effetti e li somma; non si ferma sulle molte magagne degli uomini che li compiono, e in mezzo a' quali si compiono; magagne diverse, ma perpetue, le quali - ed è già una fortuna - non impediscono che l'umanità segni a sé mete sublimi e vi s'avvicini e s'affatichi a raggiungerle. Il Papato non aveva colla guerra dell'investitore fornita la sua via. Il destino di ogni gran potere è l'effettuare un ideale quaggiú, e il Papato ne vagheggiava uno assai grande; ma non l'aveva ancora recato in atto. A un'autorità spirituale, eletta, fuori d'ogni condizione di nascita, in una classe tutta intesa alla coltura della mente e alla cura dell'anima, per opera di un diretto o creduto intervento di Dio, soggettare una cristianità, divisa, sí, in città, regni, imperi, ma intimamente unita nel pensiero, nel sentimento, nei concetti e nelle sanzioni morali, negli ordini civili e sociali, nella fede, nel culto: ecco l'alto ideale, che alimentava nelle coscienze popolari il credito del Papato e dava ragione della sua forza. Certo c'era molto di fallace anche in esso - e quale d'altronde non è fallace per qualche parte? - e si sarebbe spezzato al contatto e all'urto colla realtà rozza che li spezza tutti: qui avrebbe mostrato i suoi vizi intrinseci e le sue difficoltà insuperabili; ma bisognava provare e vedere. Alessandro III (1159-1181), e sopra tutti Innocenzo III (1198-1216), stupendi animi e ingegni italiani anch'essi, non erano ancora venuti.


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Arnaldo da Brescia
di Ruggero Bonghi
pagine 61

   





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