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      Il Papato era tuttora sul salire; aveva tuttora a mostrare un succhio di vita potente. Arnaldo, a opporglisi, a opporsi alla Chiesa quale e come si reggeva sopr'esso, non faceva opera più capace di riuscita immediata, che non sia quella di chi s'accingesse a fermare colla mano un convoglio sospinto dalla forza del vapore a tutta corsa su una guida ferrata.
      E riviveva certo la scienza già ai tempi d'Arnaldo, e il pensiero puramente umano ricominciava a vivere. La filosofia rifioriva a Parigi; il diritto a Bologna; e prendeva un nuovo e genuino slancio la poesia. E, certo, già minacciavano danni futuri. E l'ardire speculativo avrebbe seminato dubbi e problemi, e arrischiato soluzioni discordi tra loro e dall'autorità della Chiesa; e la scienza giuridica avrebbe rilevato, esagerato forse più in là i diritti della sovranità laica; e la poesia, che già talora si atteggiava a satira degli ordini e degli uomini, avrebbe trovato più tardi l'invettiva efficace e sanguinosa. Ma non era il secondo quarto del secolo duodecimo il tempo in cui ciò sarebbe potuto accadere. Anche qui Bonaventura di Bagnorea (1221-1274) e Tommaso d'Aquino (1224-1274), due altri grandi ingegni italiani anch'essi, non erano ancora venuti. La scienza del medio evo non s'era per mano dell'ultimo quasi tutta ordinata a sistema, e bisognava che ciò fosse fatto, prima che di rimpetto ad essa la scienza nuova si cominciasse a muovere.
      Non v'era per l'Italia in quegli anni altro ordinamento storicamente possibile, se non quello che vi s'andò maturando per opera del Papato e dei Comuni.


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Arnaldo da Brescia
di Ruggero Bonghi
pagine 61

   





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