Uno non dirò de' più fieri, ma de' più pertinaci avversarî di quella classe aristocratica piemontese che forniva all'Associazione agraria la maggior parte de' suoi membri, confessa che "a fronte della più assidua vigilanza, un sottile venticello di politica andava bisbigliando nelle regioni dell'agricoltura, e in più d'una discussione di taglio di boschi si rivelò qualche germe di mal compressa democrazia. Nei banchetti di provincia, dove una volta all'anno raccoglievasi la scienza agronomica, spuntavano di tratto in tratto vivacissimi brindisi, che l'abate Pullini, il revisore, non avrebbe in coscienza approvati"(7).
E parecchi altri segni di rigenerazione prossima si presentivano o si vedevano. La stampa, a mano a mano più audace, quantunque non ancora invadesse i campi della politica; i Congressi e i libri del Gioberti e del Balbo e gli scritti del d'Azeglio; e il governo piemontese applicarsi sempre più a migliorare lentamente l'amministrazione dello Stato ed a tener testa alle pretese dell'Austria; e Carlo Alberto, di tratto in tratto, aprire il cupo animo, e lasciarsi sfuggire di bocca parole d'ira e di sprezzo contro la nemica dell'Italia e della fortuna di Casa Savoia. E poi, la morte di Gregorio XVI, e l'elezione subitanea di Pio IX, il quale, costretto dalle enormezze del governo precedente, le quali egli si sentiva, per bontà di cuore e per impossibilità effettiva di resistere all'ira de' sudditi, inabile a continuare, persuaso anche da una certa sua vanità naturale di applausi e di lodi, e da certi confusi ed esagerati concetti sui destini del Papato e sull'influenza della religione, principiò, con la più riservata e prudente delle amnistie, un movimento politico, che certo egli non prevedeva, ed ha poi mostrato di non volere, e i cui effetti ultimi non avrebbe previsto nessuno, e non prevediamo con certezza nè vediamo ancor noi.
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