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      Carlo Alberto, tenero della dignità di principe e del potere assoluto, fu degli ultimi a cedere a un moto, dal quale egli temeva che, per essere cominciato sotto influenza non sua, dovesse venire piuttosto scapito che guadagno a quella che egli s'era andata acquistando, e, per essere spinto dalle aure e da' fremiti popolari, s'avesse a diminuire la forza del principato, che poteva sembrare piuttosto rimorchiato che rimorchiatore. Pure, cedere dovette; e data il 30 ottobre del 1847 maggiore larghezza alla stampa, il Cavour fu de' primi a volerne profittare; ed unitosi con parecchi degli amici, da' quali si avrà poi a dividere più tardi, col Balbo, col Galvagno e col Santarosa, uscì fuori, il 17 dicembre, con un giornale - il Risorgimento - che aveva per iscopo l'indipendenza d'Italia, l'unione tra' principi e i popoli, il progresso nella via delle riforme e la lega de' principi italiani tra di loro; e che proclamava che i più nobili come i più sinceri caratteri del diritto e della forza fossero la calma e la moderazione, due qualità che, secondo la mente del Cavour e de' suoi compagni, non volevano e non vogliono dire remissione d'animo e fiacchezza di proposito, ma risoluto e imperturbato avanzare verso un fine chiaramente concepito con mezzi proposti ed approvati, non da una fantasia ammalata e delira, ma da una mente sana, e consapevole.
      Il 21 dicembre dello stesso anno, il conte Cavour firmò con parecchi altri una supplica al Re di Napoli, che non si risolveva a seguire l'esempio dato prima da Pio IX e da Leopoldo di Toscana, e poi cominciato a seguire da Carlo Alberto.


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Camillo Benso di Cavour
di Ruggero Bonghi
1924 pagine 116

   





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