E a noi ci bisogna intenderlo, e per questo fine raccogliere le sue parole, affinchč d'un uomo, dalle cui mani il governo non č uscito ancora, nč uscirā per un pezzo, noi possiamo non solo spiegarci il passato, ma prevedere l'avvenire.
Quando i timorosi amici di libertā, i quali s'avvolgono in un circolo perpetuo aspettando sempre che i popoli sieno maturi per conceder loro quelle instituzioni che sole sarebbero appunto adatte a maturarli, non sapevano, senza una gioia mista di trepidazione, rallegrarsi della Costituzione conceduta il 27 gennaio 1848 dal re di Napoli, il Cavour si faceva a confortarli mostrando quanta differenza ci corresse tra le condizioni d'Italia e quelle di altri paesi, come la Francia e la Spagna, nei quali la chiamata del popolo alla partecipazione del governo era stata principio di un moto non potuto frenare nč quetare, se non quando tutti i vincoli sociali si furon disciolti, e l'estrema ruina d'ogni cosa ebbe impressa da capo nelle menti e negli animi la necessitā d'una autoritā sociale fortemente costituita e certamente obbedita. Qui, non riforme sociali a fare, come in Francia; non una rivoluzione religiosa da compiere come in Inghilterra; non un partito retrivo, potente d'interessi e di tradizioni, da dissolvere, come in Ispagna. "Qui non si tratta che di ottenere che quelle le quali, a torto forse, si chiamavano testč classi privilegiate, scambino i vecchi pregiudizî e le distinzioni immaginarie, di cui si credevano fregiate, co' benefizî reali e stabili che gli ordini nuovi conferiscono a tutti i cittadini.
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