Ad ottenere questo cambiamento non si richieggono misure violente; basta l'azione regolare e benefica delle nuove instituzioni politiche". Cosicchè fidava - e davvero, come i fatti provarono, fidava troppo - che Ferdinando di Napoli, Pio IX e Leopoldo di Toscana avrebbero saputo condurre a compimento "la gloriosa ed impareggiabile loro impresa, fondando su ferme e profonde basi il più splendido edificio de' tempi moderni, la libertà italiana". Invece, parte non seppero, parte non poterono, parte non vollero; perchè di fatto l'impresa non era loro, e ci erano stati messi, piuttosto che ci si fossero messi da sè. Però, quello che a noi serve in queste parole, è che esse ci attestano - come i fatti provano oggi - quello che allora i partiti negavano; cioè che il Cavour vagheggiasse sin d'allora e con sincero animo quell'edificio di libertà nazionale, di cui ha innalzata così gran parte.
E(8) non teneva che que' pregiudizî, che si sarebbero dovuti scambiare dalla classe aristocratica cogli utili effettivi delle instituzioni politiche, meritassero che il gran principio delle società moderne, l'eguaglianza civile(9) fosse loro anche in piccola parte sacrificato. Prevalse in quei tempi l'opinione che per agevolare l'unione de' Lombardi e d'altre provincie d'Italia al Piemonte bisognasse modificare in qualche parte lo Statuto piemontese. Oggi noi, diventati più savi, ci siamo persuasi che la questione dello Statuto è affatto diversa da quella dell'unione al Piemonte, e abbiamo compiuta questa senza toccar quello.
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