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      Il Cavour, quantunque s'opponesse a quell'amministrazione democratica, e l'accusasse di voler reggere in Piemonte come l'imperatore Nicola a S. Pietroburgo(26), sostenne il partito della guerra, credendo che, dopo venuta meno la mediazione, non ci fosse altro modo di salvar l'onore del Piemonte, e dichiarando che, qualunque fossero le sue ragioni di dissenso co' ministri d'allora, la dichiarazione di guerra le avrebbe fatte tacer tutte.
      Novara recise per allora le speranze di Italia. Una nuova Camera fu dovuta radunare. Il Cavour questa volta parve a' suoi elettori da preferire al generale Campana, che la Concordia gli opponeva; ma la sua presenza in un'assemblea, nella quale le speranze del 48 abbagliavano ancora gli spiriti, non bastò a rimutar d'animo l'opposizione, la quale incagliava il ministero d'Azeglio, quantunque sentisse di non potere surrogarlo, nè l'avrebbe osato. Parlò parecchie volte per raddirizzare le menti, e persuaderle della dura necessità delle cose; ma non riuscì, e la Camera fu dovuta sciogliere. Le elezioni del 10 dicembre 1849 ne mandarono una, in cui la parte ministeriale, distinta in destra e in centro-destro, prevaleva; la opposizione era stremata di membri, e divisa in se medesima tra alcuni, pochi - un trenta - risoluti a non capir nulla nè allora nè poi, la pura sinistra, e un centro-sinistro composto di uomini, i quali s'intitolavano di governo, e non rinunciando nè al lor passato nè a' loro concetti, si dichiaravano pronti a fare della necessità virtù e a non osteggiare il governo per sistema, non perchè questo fosse secondo il loro animo, ma perché non vedevano come si potesse per allora mutarlo in meglio.


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Camillo Benso di Cavour
di Ruggero Bonghi
1924 pagine 116

   





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