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      E il Cavour, che, oltre la presidenza del Consiglio e le Finanze, reggeva, per la dimissione prima del Dabormida e poi del Cibrario, il ministero degli Esteri, s'assunse quest'ultimo stabilmente, e prese a reggere provvisoriamente quello degli Interni, sgravandosi sul Lanza dell'amministrazione delle Finanze. Tra queste due date del dicembre 1853 e del dicembre 1857 nuove contese sopravvenute col Clero, per via della legge sulla soppressione di alcune comunità religiose, erano state cagione che il Cavour con tutto il ministero chiedesse licenza al Re, affinchè questi fosse libero di provare se con altri ministri avrebbe potuto riuscire a comporle. Nessun'altra amministrazione si era potuta costituire; ed il Re, per nuovo consiglio del d'Azeglio, aveva dovuto richiamare il Cavour, cosicchè codesta breve interruzione non era servita se non a provare che non c'era che egli solo in Piemonte il quale osasse e sperasse di poter tenere e salvare il paese in quella via sulla quale egli l'aveva messo.
      Ed egli, dopo l'uscita del Rattazzi dal ministero, continuò, si può dire, solo a reggere, sino alla pace di Villafranca, il governo del Piemonte ed i destini d'Italia, raccogliendo in sè un'immensa fiducia non solo dell'Assemblea, ma di tutti gli Italiani. Nè credo che mai uomo abbia governato con una così sicura fede di tutti nella forza dell'ingegno e dell'abilità sua, in tempi così combattuti e frementi di speranze e di dubbî, di odî e di affetti. Nè il Cavour pareva che amasse di dividere con altri il potere ch'ei raccoglieva smisurato nelle sue mani; anzi mostrava di prediligere ne' suoi compagni piuttosto degli animi pieghevoli all'obbedienza, che non dei voleri tenaci al comando.


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Camillo Benso di Cavour
di Ruggero Bonghi
1924 pagine 116

   





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