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      Gli uomini di Stato del Piemonte, che furono dopo il 1848 eletti a reggerne il governo, e sopratutto il d'Azeglio prima e il Cavour poi, si proposero di mantenere intatte le istituzioni liberali, e salvarle dagli assalti di destra e di sinistra, come quelle le quali sole rendevano il Piemonte adatto a formare d'intorno a sè le parti liberali d'Italia; e gli facevano trovare in queste il sostegno e l'equilibrio che aveva smarrito, quando, accettando contro l'Austria una querela mortale, s'era tolta per sempre ogni possibilità di futura alleanza con essa. Così la dinastia di Savoia avrebbe potuto continuare il suo compito, il compito che aveva incominciato da secoli; bensì non più bilanciandosi tra Francia ed Austria, come aveva fatto sin allora, ma sorreggendosi sulla parte più viva ed illuminata delle popolazioni italiane e sulle amicizie che avrebbe tentato di acquistare tra gli Stati liberali d'Europa.
      Il Cavour si distinse dall'Azeglio in questo, che credette che le simpatie delle popolazioni italiane fossero una leva di tal possanza, che bisognasse, a mantenerla e rafforzarla, una politica più risoluta di quello che all'Azeglio paresse prudente; e che, per impedire che la reazione, la quale cominciava a strapotere di fuori, prevalesse al di dentro, si dovesse, senza scrupoli e vani rispetti, costituire fortemente il partito liberale, e fonderne al possibile le varie sfumature; staccarsi recisamente dagli amici timidi delle instituzioni costituzionali e del loro sviluppo, e tanto più aderire a' principî di libertà quanto più l'Europa paresse volerli dimenticare.


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Camillo Benso di Cavour
di Ruggero Bonghi
1924 pagine 116

   





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