Ed è mediante queste discussioni che l'idea del fine che la nazione deve raggiungere, e dei mezzi adatti a raggiungerlo, si fa strada nel popolo; e si distinguono gli uomini, e se ne forma un retto giudizio e proporzionato piuttosto a' loro meriti effettivi, che non alla boria delle loro frasi, o alla attrattiva delle loro lusinghe.
Sinchè però il Cavour non fosse riuscito a trovare alla sua patria alleati in Europa, non poteva parere ad un uomo di così calmo giudizio come il suo, che il Piemonte si trovasse in sicura e franca posizione. L'avvenimento dell'Impero dovette sin da principio parergli una miglior soluzione delle cose di Francia rispetto all'Italia che non la gelida ed egoistica monarchia di Luigi Filippo, e la debole e pregiudicata Repubblica. Quantunque l'Impero si annunciasse con parole di pace, non poteva non chiudere in grembo ambizioni di guerra. Che cosa, infatti, avrebbe voluto dire per la Francia l'Impero, se non avesse significato l'onta dei trattati del 15 cancellata? Pure, su' principî, quest'Impero rinnovato era in sospetto degli effetti e delle influenze della libertà piemontese; e appunto perchè gli urti non precedessero e non rendessero impossibili le amicizie, il Cavour temperò il linguaggio sfrenato della stampa liberale di Piemonte; credendo che, se la libertà non potesse avere altro che beneficî nelle relazioni interne, non avrebbe potuto invece essere cagione che di danni, lasciata libera di turbare le relazioni esterne. La guerra di Crimea fu l'occasione della quale il Cavour si servì, non con fretta soverchia, ma però a tempo, per istringere tra l'Impero e la dinastia di Savoia quell'alleanza che avrebbe potuto permettere a questa di aprirsi la via ad un più largo avvenire.
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