Il Cavour desiderava ristaurare l'Italia, e raccoglierla, se non tutta a un tratto, almeno la Lombardia e la Venezia, sotto la dinastia di Savoia: ma non poteva volere, che in qualunque altra parte d'Italia si lasciasse nido a qualunque altra dinastia forestiera, che, appoggiata da influenze estranee, avesse potuto rimetterci negli antichi guai. Non so se i moti di Toscana fossero dal Cavour voluti, e se non avrebbe preferito in que' primi bollori un temperamento provvisorio col Granduca. Credo che i moti delle Romagne e dei Ducati entrassero di più ne' suoi disegni; ma ad ogni modo mi pare che gli uni e gli altri e la proclamazione, di Vittorio Emanuele a dittatore contribuissero ad arrestare sul Mincio il volo delle aquile imperiali.
Il Cavour, di certo, non aveva potuto conformarsi a tutte le regole della prudenza chiamando in Italia un alleato più potente che il Piemonte non era, e col quale, per sopraggiunta, sentiva di non poter concordare del tutto. Ma la prudenza non basta a risolvere; ed uno de' più illustri e rispettati italiani suol dire, che il Cavour per questo appunto è un valente uomo di Stato, perchè ne ha le due qualità necessarie, la prudenza e l'imprudenza. Di certo è sempre l'audacia quella che gitta l'ultimo peso nella bilancia, e senza cui nessuna cosa di grande nè di bene non si conchiude. Il Cavour non aveva per giugnere coll'Italia al fine proposto, che un mezzo solo, quello dell'alleanza francese. Questa aveva certo de' rischi; ma quando questi rischi non si fossero voluti correre, quel mezzo stesso, e con esso il fine, almen per ora, si aveva a ripudiare.
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