Il Cavour fidava sull'Europa e su' sentimenti italiani stessi per ovviare a' rischi di quell'alleanza. Di fatto dopo Villafranca, e mentre durava il ministero Rattazzi, che, se non osava avanzare, non retrocedeva neanche, l'Italia centrale, per riparare ai danni di quella pace, si andò ricostruendo da sè, e preparando alla unione col Piemonte sotto l'egida della Francia; che, non amando gli avvenimenti a cui doveva assistere, pure era impegnata dall'onor suo a non turbarli essa stessa e a non lasciare che altri li turbasse.
La cessione di Savoia e Nizza alla Francia, quando il Cavour risolse, contro il palese volere di questa, d'accettare l'annessione dell'Italia centrale, era tanto più necessaria, quanto maggiore era l'aiuto dato dalla Francia a fatti che nel suo parere non erano i più favorevoli ad aumentare la forza relativa della sua potenza in Europa. Ricusare Savoia e Nizza al solo alleato che ci restava, e di cui avevamo già contrastati in gran parte i desideri, sarebbe stata non audacia, ma pazzia. E il Cavour adunque accordò la cessione, e quantunque in alcuni particolari avesse proceduto con troppa fretta, n'ottenne l'approvazione dal Parlamento; giacchè gli dimostrò quanto necessaria conseguenza essa fosse della politica seguita e degli effetti ottenuti, della politica da seguire e degli effetti sperati.
Quali questi effetti sono? Ogni italiano li sa, e il Cavour non mostra ch'egli disperi di arrivare col concorso d'Italia ad ottenerli. Sin oggi egli è stato al timone, perchè gli avvenimenti preparava, non aspettava: ed ha guidata bene la nave, la quale, se non è ancora in porto, nè al sicuro dalle tempeste, non ha però ancor dato in uno scoglio.
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