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      A queste preparazioni avevano preso parte non solo quelli che facevan capo a Garibaldi, ma molti più altri che facevan capo al conte Cavour; il quale, persuaso che il governo di Napoli non si potesse reggere, voleva cansare che la sua rovina rischiasse di portare all'Italia maggior danno di quello che già avesse potuto farle la sua perfidia vivace ed ostinata. Ora, il conte Cavour credeva - nè aveva torto - che quando tutta l'Italia meridionale si raccogliesse senza contrasto sotto l'autorità di Giuseppe Garibaldi, questi, uomo di maggior fantasia che raziocinio, avrebbe potuto lasciarsi indurre a disegni che ci avessero suscitato contro la Francia; e nel governo si sarebbe fatto vincer la mano da persone che egli soleva prediligere, perchè disposte a dipendere affatto da lui, ma le cui professioni politiche, o non erano monarchiche, o eran tali da troppo poco tempo e con troppo poche prove per esser credute, e i cui principî governativi ed amministrativi avrebbero potuto sconvolgere ogni assetto sociale, ed alienare le classi conservative, dal cui concorso era proceduto sinora l'andamento continuo e regolato del moto italiano.
      III.
      Cotesto contrasto d'influenze, che potevano pretendere d'aver concorso del pari allo stesso fine, aiutate l'una e l'altra dall'interna rivoluzione, dallo scontento universale e dal desiderio comune di mutare stato, fu la prima e vera cagione delle difficoltà, sperimentate di poi da tutti i governi che si sono succeduti dal sette settembre in oggi, nel riordinare le province napoletane, e ravviarle dallo scompiglio, in cui una così grande convulsione aveva a gittarle e le gittò davvero.


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Camillo Benso di Cavour
di Ruggero Bonghi
1924 pagine 116

   





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