Pagina (87/116)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Il Garibaldi, convinto di ciò, mosso da' suoi rancori contro il conte Cavour, e sobillato da parecchi di parte repubblicana che gli s'erano messi attorno, ed accettando il suo grido di "Italia e Vittorio Emanuele" gli erano entrati in fede, voleva giovarsi della posizione che gli dava rispetto al Re la fortunata riuscita dell'impresa di Napoli e di Sicilia per forzarlo, o, se la parola paresse irriverente, per persuaderlo a mutare di Ministero.
      Il ministero aveva raccolto un immenso voto di fiducia dall'assemblea de' deputati, quando questa, prima di essere prorogata, aveva, con una deliberazione pressochè unanime, il 29 giugno, votato un prestito di 150 milioni. Se contro il voto della maggioranza grandissima de' deputati, il Re, alla voce d'un capitano, benemerito certo ed illustre, ma pur cittadino, avesse licenziati i suoi ministri, la Costituzione sarebbe andata in un fascio, ed ogni norma di legge e di diritto si sarebbe smarrita in cotesto moto italiano; e noi quindi ci saremmo trovati per una via, in cui avremmo indugiato poco a raccogliere i sospetti e l'inimicizia di tutta l'Europa, ed a cascare in un precipizio.
      Il conte Cavour, prima che Giuseppe Garibaldi passasse nel regno, previde i dissapori che sarebbero potuti nascere, giacchè non avevano che a germogliare, tra lui e quello che sarebbe stato dittatore delle due Sicilie(31). Dubitò che egli avrebbe provvisto meglio alla salvezza e al trionfo dell'indirizzo politico; ch'egli continuava a tenere il solo efficace, quando avesse ceduto il posto ad altri che avessero più agevolmente potuto condurre il Garibaldi a migliori consigli.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Camillo Benso di Cavour
di Ruggero Bonghi
1924 pagine 116

   





Garibaldi Cavour Vittorio Emanuele Napoli Sicilia Ministero Costituzione Europa Cavour Giuseppe Garibaldi Sicilie Garibaldi