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      In ogni comune, venuti su tiranneggiando, sotto le forme di sindaco, o di capitano, i più audaci od i più ladri. I governatori, lasciati a se medesimi, e, - per le solite ubbie dei rivoluzionarî, i quali credono, che la forza sia nel non aver freni -, forniti di poteri illimitati, avevano sciolte le magistrature, e nominati magistrati nuovi, ed introdotte persone che aderissero a loro, o che fossero riputate di sentimenti italiani in ogni amministrazione, scacciando chi ci era prima. Nè si vuol fare loro rimprovero di ciò; sprovvisti di forze, avevan pure a cercarne una nelle aderenze e nei favori; e d'altra parte, la riputazione degli impiegati borbonici era tale, che il molto maggior numero non si credeva potesse essere rispettato. Il governo napoletano centrale, il cui potere era illimitato come quello de' governatori, nominava ancor esso a que' posti che nelle provincie credeva che vacassero o che potessero vacare; nè dimetteva sempre chi già n'era in possesso; cosicchè in molti casi era accaduto, che parecchi affacciassero eguali diritti di usufruire un salario, che si pagava, per amor di pace, a tutti, esentandoli, a un tempo, tutti dal compierne gli uffici. In questo garbuglio, ogni funzione pubblica era stata interrotta od intermessa; i tribunali chiusi o silenziosi; la sicurezza pubblica svanita; la violenza, sotto nome di amor patrio, impunita: gli onesti cittadini - quegli i quali domandano al governo la tutela della lor vita, e la facoltà di attendere alle loro faccende - sbalorditi e paurosi.


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Camillo Benso di Cavour
di Ruggero Bonghi
1924 pagine 116