Tosto che si giunge alla primavera, le api amanti della nettezza incominciano a pulire l'arnia, a trasportar fuori i cadaveri delle morte compagne, il polline ed il miele che si sono guastati, e riparare i favi muffiti, e a pulire le celle che servir debbono alle covate. Allorchè le api stanno ritirate nei giorni invernali non emettono gli escrementi, e solo si liberano da questi allorchè escono alle prime belle giornate. In tal caso il loro volo dicesi volo di purificazione.
Una società di api può vivere per un tempo indeterminato quantunque la vita delle singole operaie sia breve. In estate si può ritenere che ogni sei settimane le operaie di un'arnia siano rinnovate, mentre le nate in autunno campa o la maggior parte fino alla primavera successiva. Nessuna muore di vecchiaia, troppo sono le fatiche sostenute dalle povere operaie, e troppo i pericoli che le api incontrano fuori dell'arnia. L'avidità del raccogliere non ha limiti, esse non badano a lacerare le ali, a logorare l'intiero loro corpo. Quante non restano vittima dei nemici e delle intemperie che sopraggiungono, e da mille altri accidenti! È tale nell'ape l'istinto di accumular miele che si rende insaziabile fino al punto di porre a ruba le altrui arnie. In autunno quando si fa scarso il raccolto, le arnie deboli sono messe a sacco, e si veggono ancora le api assalitrici lottare furiosamente colle povere api esposte al saccheggio; queste si difendono coraggiosamente entro e fuori della loro arnia. Da questo combattimento ne sussegue la morte di molte che cadono trafitte a terra.
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