Trattandosi col Bini, col Bastogi e col Mazzini stesso del modo di approfittarsi in Italia della rivoluzione che prevedeasi imminente in Francia, Guerrazzi si prese l'incarico di disporre l'Umbria. Come a ciò siasi adoperato e quale costrutto n'abbiano veramente ricavato i cospiratori italiani, non è qui il luogo di riferire. Dirò piuttosto che, offertagli, a patto solo di chiederla, la grazia dal governo, il quale pare cercasse anzi impaurire che castigare severamente il giovane pericoloso, egli, dichiarando non volere altro che giustizia, ricusò supplicare e scontò la pena fino all'ultimo giorno, fino all'ultimo minuto con molta dignità e fierezza. Tornato a Livorno e, dappoi, a Firenze, quivi ebbe dimestichezze con il Colletta, esule dopo la infelice rivoluzione di Napoli e la prigionia sostenuta in Moravia, e con Pepe, Giordani, Leopardi, Ranieri, Capponi e altri moltissimi uomini egregi di Toscana e del resto d'Italia ricoverati in Firenze; e cospirò insieme con loro, così per strappare al granduca un governo più liberale, come per sovvenire alle insurrezioni che si stavano allora apparecchiando in Romagna. Per coteste sue imprese, delle quali la polizia avea fumo, se non prova, fu di bel nuovo confinato, questa volta, nella sua città nativa, col precetto di ridursi a casa ogni sera alle ventiquattro. Ma ciò non gl'impedì, poiché le cose di Romagna volsero in peggio per i liberali, di adoperarsi con moltissimi e sagacissimi modi, con solerzia e generosità grande, direttamente o per mezzo di amici, a salvare parecchi riparati in Toscana dal pericolo di essere riconsegnati agli sgherri papalini, e d'ajutarli a scampare in terra straniera.
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