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      Ed č veramente una mirabile pittura quella sua buona famiglia popolana di Firenze, quel gruppo di poche persone, la pių parte, e certamente le principali, immaginate, che raccoglie, per cosė dire, e incarna in sč le speranze, le angosce, la lotta, il martirio di un popolo intero. Ma giova per avventura domandare se paja opportuno e conveniente che, in un terribile, fatale momento della storia italiana, mentre tutto quanto un popolo disperatamente combatte ed eroicamente muore, la nostra attenzione sia raccolta sopra una sola, comechč degnissima, delle tante famiglie onde esso si compone. Sembra scemata la magnitudine del fatto generale e storico da cotesto subordinarlo a un particolare e finto. Dinanzi a Firenze doveano scomparire i Fiorentini, dinanzi al principio, all'idea che soccombe, gli individui che soffrono. Nell'opera poi dell'Azeglio il pittore si dilegua e rimane il quadro. E chi si fa a contemplarlo, dimentica il presente e sč stesso, confondesi nel passato e nelle cose e con gli uomini che gli sono recati dinanzi agli occhi. La illusione č completa; egli č un italiano, un fiorentino del secolo XVI; un republicano od un Orangista, un Piagnone od un Pallesco che assiste alla caduta della superba cittā; che si attrista o si allieta sulle sue rovine, senza cercare, senza procedere pių oltre. Se la causa di Firenze sia la causa di tutta Italia, se quel popolo levatosi improvviso e come un sol uomo in arme difenda non solamente sč stesso, ma un principio; se i suoi nemici non siano Carlo V e Clemente VII, ma Ghibellini e Guelfi, Impero e Papato riconciliati a danno della libertā popolare e nazionale; se l'ardua lotta, materialmente finita, ancora moralmente lo sia, se i caduti possano risollevarsi un giorno e i morti rivivere; fino a che punto il XVI si colleghi col XIX secolo, il presente con l'avvenire, non vede.


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Biografia e rivista critica delle opere di F.D. Guerrazzi
di Ferdinando Bosio
1869 pagine 96

   





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