Ma cotesta morte, che il Guerrazzi mette sull'anima del Guerra, non appena la conobbe il popolo romano, a cui il Cenci era conosciuto e abborrito, subito e volentieri l'attribuė a Beatrice; nč per vituperarnela; all'opposto, per lodarnela altamente quasi di opera magnanima e in sommo grado meritoria. Nondimeno, tratta in carcere e avvolta nel processo col resto de' suoi, posta al tormento e, per siffatta guisa, non tanto provata quanto indovinata colpevole, fu condannata. Guerrazzi tutte a una a una coteste cose, arresto, prigionia, processo, dolori eterni, consolazioni effimere all'anima, di ogni generazione torture, difesa e condanna, discorre con feroce analisi di particolari e con straziante rigoglio di cupi colori; e, in seguito, aggiugne come papa Clemente VIII, mentendo al suo nome, non solo accettasse la sentenza, ma, titubando in ultimo, per quantunque tristissimi, i giudici sul credere innocente la giovinetta o rea con circostanze attenuanti di moltissimo la colpa, discendesse notturno in tribunale a imporla. E fu sentenza di morte, di atrocissima morte per lei e pei suoi, quasi ella fosse perfidissima natura di belva in forma di donna, assetata di umano sangue e, per libidine di ereditā, macchinatrice e autore della paterna strage.
Appena uscito cotesto racconto della Beatrice, uomini pure non malevoli al Guerrazzi, e taluni anco benevoli, gli rimproverarono che egli, giā in altri suoi libri troppo esagerato dipintore di illustri scellerati, almanco vi temperasse il cupo del quadro con un qualche motivo o circostanza che, riluttanti spesse volte, soddisfatti non mai, li traesse, quasi perverso demone, pe' capegli a peccare; e quivi, all'opposto, varcando di molto i soliti confini, anco siffatta cura di ragioni un pochino attenuanti avesse abbandonata; e ogni anima onesta proprio ributtasse uno scellerato che č tale per solo amore di esserlo.
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