Per essere giusti, sebbene la storia confessi mostro e non uomo essere stato Francesco Cenci, non di manco l'autore, trattandone il carattere, caricò le tinte già soverchiamente oscure nel dramma di Shelley e nel libro del signore Shendall il quale, sul conto della famiglia dei Cenci e dell'immane suo capo, non fa per avventura che riprodurre le sterminate esagerazioni della percossa immaginazione popolare. E forse era meglio, per il Guerrazzi, rischiarire il fondo del quadro.
D'accordo: solamente il Guerrazzi potrebbe difendersi osservando come, proponendosi, egli autore, tutto l'orrore della morte violenta di Francesco Cenci rovesciare sopra di lui e assolverne i suoi uccisori, giovasse lasciare intendere averli il conte provocati con delitti senza esempio nella storia del genere umano e onninamente indegni della benchè minima scusa o pietà. Se il Cenci avesse avuto motivi esterni e incitamenti a delinquere, e non la sola sua natura di belva, sarebbe entrato nel novero di altri famosi scellerati che i libri o la tradizione ricordano. E avrebbero dovuto la storia e il romanziere contare i tempi sciaguratissimi in cui visse, usi pur troppo a vedere, non dirò solo dalla guasta morale, ma dalla perversa consuetudine consentiti di ogni generazione mezzi, eziandio iniquissimi, per giungere uno scopo qualsivoglia, non monta se tristo o se buono. Così la commiserazione per la povera Beatrice sarebbe riuscita men grande; e meno acerbo lo sdegno contro que' giudici e porporati che assolvere, potendo, non la vollero, le prove della sua innocenza ricusarono, promossero, affrettarono la sua condanna, derivandone per sè stessi frutto copiosissimo di pecunia e di potenza.
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