Quindi si scorge che in Guerrazzi l'umorismo non è ancora lo stato abituale dell'anima, ma un mezzo tuttavia, uno strumento: è abbastanza filosofo per cessare sulle umane turpezze il pianto e l'ira; ma, scomparse dalla forma, nel pensiero rimangono: e sorride più presto per disprezzo che per compassione, e disprezza perchè vede vasti i desiderj, piccole le opere, gli uomini codardi; e a lui troppe volte la storia contemporanea si para davanti in sembianza del poema della Secchia rapita. Ma attraverso il suo umorismo di leggieri si scuopre che, se egli potesse scaraventare queste anime pigmee nelle battaglie per la libertà, come, una volta, il generale Pelissier le schiere dei francesi alla presa del Poggio Verde in Crimea, anch'egli pianterebbe la bandiera a tricolore sulla torre della sua Sebastopoli; ma poichè costoro non muove lo squillo della sua tromba come guerrieri, pensa Guerrazzi debbano essere cacciati innanzi a staffilate come asini. Che? L'asino anche vale assai meglio; non lo prova il suo libro?
Credono alcuni, e per lo appunto gliene sanno male, che Guerrazzi abbia voluto adombrarvi il suo processo dell'anno 1849 e seguenti, nè egli lo nega; è libro pensato nella sua ultima prigione! ma ancora si vuole, per debito di verità e di giustizia confessare che, se pure fu concepito e cominciò con intendimenti personali, ben tosto li dimentica (anco, se vuolsi, involontariamente) e li pone in disparte; ma prende più vaste proporzioni, agita maggior mole di cose e si avvia a più alto scopo che non è la vendetta di un individuo.
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