Nell'Assedio, Guerrazzi le sventure della patria cantava a sfogo e vendetta del cuore esacerbato, a mo' del giovane che avvicenda timori e speranze soverchiamente passionato e pronto così a sognare il bene come a figurarsi il male; facile a precipitare in questo, e da questo a quello risollevarsi; che dell'oggi si attrista, del domani si consola, tuttavia dell'oggi e del domani impaziente, irrequieto. Nel Pasquale Paoli narra con la calma del vecchio che già tutto ha misurato lo stadio della vita e abbracciate le vicende di gioja e di pianto, di fede e di disperazione, lotte ed affanni da superarsi prima di toccare la meta che egli vede certa, infallibile, sebbene non ancora vicina; ma sicuro di arrivarvi, non si turba, sorride degli inciampi che per le sue ragioni imperscrutabili la provvidenza ha posti a ritardargli forse, non a troncargli il cammino. Nell'Assedio egli non vedeva, per così dire, che a una a una le diverse fasi della battaglia alternativamente vinta e perduta, perduta e vinta; e ne partecipava ai lettori le terribili angoscie e le fieri commozioni che provava egli stesso. Nel Paoli, la osserva, la studia, la giudica tutta nel suo complesso, con l'occhio acutissimo della mente abbracciandola da un punto elevato; e la certezza della vittoria lo rassicura e lo fa narratore tranquillo, ordinato, comechè nella sua parola risuoni pur sempre, come un eco, la tromba guerriera che gli squilla davvicino.
L'Italia è certo lontana ancora dal suo compiuto trionfo; tuttavia mal libera e non calma: se il dominio straniero scemò, non così la sua influenza; e nondimanco noi ci siamo levati a tale un punto che oramai si può discernere quali saranno i confini a cui solamente ci arresteremo; nè dubitiamo di forza alcuna che ci possa contendere e impedire il cammino; la difficoltà stava nel muoversi dapprincipio; pigliato l'abbrivo, nè uomini nè Dio varranno più a fermare il nostro slancio.
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