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      Il Ganeval ha già accumulato buon numero di queste prove, nell'opera già citata, lavoro caldo di convinzione e serio di proposito, il quale avrebbe meritato miglior fortuna, malgrado le sue ripetizioni, dipendenti dalla mancanza di sistemazione, e malgrado l'unilateralità della sua tesi, che vede in Cristo una trasformazione pura e semplice di Serapide; tesi la quale potrà anche essere giusta, ma che, nell'assenza di documenti sufficienti, non può venire data come certa, ma soltanto come probabile, molto probabile, anzi, perché, di tutti gli Dei solari, Serapide è certo il più vicino a Cristo. Solo che il Ganeval, a parer nostro, non ha allargato abbastanza questa tesi, introducendovi gli elementi analoghi delle mitologie degli altri popoli orientali: nel qual caso avrebbe visto che, malgrado certe espressioni simboliche riferentisi all'atto generativo, Cristo, come Serapide, non è tanto l'incarnazione allegorica del Phallus, quanto e meglio del Sole. Ma ciò che egli non fece, altri potranno fare. Ed intanto gli va resa questa doverosa giustizia di aver visto la verità sulla favola di Cristo anche attraverso la storia, mentre prima di lui, per quel che noi sappiamo, la tesi della non esistenza umana di Cristo non fu trattata che dal punto di vista della mitologia comparata, da Dupuis e da Volney ai più recenti lavori che accennano a riprendere e a dimostrare definitivamente questa verità.
      Le prove storiche che si hanno contro la esistenza di Cristo provengono da ebrei e da pagani, non solo, ma anche e più dai cristiani primitivi, anzi persino da alcuni Padri della Chiesa.


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Gesù Cristo non è mai esistito
di Emilio Bossi (Milesbo)
pagine 292

   





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