Ma dalle parole del Renan scaturisce un'altra conseguenza che nessuno finora ha mai visto: vale a dire che, se la beltà di Cristo è creazione dello spirito umano, com'egli lascia chiaramente intendere, anche la sua persona stessa, con la medesima logica, e per il medesimo criterio critico, potrebbe non essere - come non è - altro che una creazione dello spirito umano.
Il Dide, nel suo commendevole libro sulla fine delle religioni, dinanzi ai tentativi di Channing e degli unitari, che negano assolutamente ogni carattere soprannaturale a Cristo, ma che si ostinano a considerarlo come uomo, esclama:
«Ma chi è egli, questo Gesù Cristo? Di quale Gesù Cristo trattasi? E dov'è egli? Accade di lui ciò che accade di tutti gli esseri leggendari: più lo si cerca e meno lo si trova. Il tentativo di far rientrare nella storia, di strappare alle nebbie della teologia, una personalità che, fino all'età di trent'anni, è assolutamente sconosciuta e che, dopo questa età, non appare che in mezzo a dei miracoli, ora assurdi ed ora ridicoli, è un tentativo così difficile che si può, a priori, dichiararlo impossibile»(43).
E più avanti, lo stesso autore, parlando della Vita di Gesù del padre Didon, constata che questo autore ortodosso, per scrivere la biografia di Gesù, è costretto a colmare con delle ipotesi le enormi lacune che si riscontrano nella vita del suo Dio, provocando così i suoi lettori a fare questa riflessione: «Non si sa dunque quasi nulla della vita del Cristo?»; riflessioni che non mancò di fare uno dei più notevoli lettori del libro del padre Didon, il leader socialista Jean Jaurès(44).
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