Ma ciò facendo anch'egli venne meno alla logica ed alla verità storica, com'egli stesso deve essersi detto allorché lasciò cadere dalla penna queste parole che dicono quanto tutto un libro:
«L'idea d'una Vita o d'una Biografia di Gesù è stata la fatalità della teologia moderna; essa ne conteneva in germe tutto il destino, e la contraddizione che essa implica ne fa presagire il risultato negativo. Era il tranello in cui doveva necessariamente cadere e perdersi la teologia del nostro tempo»(56).
Questa fatalità della teologia - dovuta, evidentemente, come abbiam detto dianzi, alla preoccupazione di salvare il cristianesimo - alla quale ha obbedito anch'egli, non ha salvato neppur lui dalla contraddizione e dal risultato negativo che implica.
In quanto che l'unica base per dire di Cristo è fornita dai Vangeli, e questi, oltre essere una fonte sospetta, perché emanante dalla fede stessa, se non addirittura dall'impostura sacerdotale - chi saprebbe decidere? - ci presentano Cristo unicamente come persona soprannaturale.
Ché, se è permesso di spogliare una parte del Vangelo del suo carattere storico per farne puramente dei miti, quale criterio ci tratterà dall'applicare e dall'estendere questo modo di interpretazione a tutto il libro?
Come distinguere ciò che deve esser preso alla lettera da ciò che deve esser inteso al figurato?
Il reale, allora, diventa inafferrabile, ed il libro perde ogni valore storico(57).
Poiché, chi voglia ragionare senza preconcetti e in buona fede, è costretto a riconoscere che tutti i Vangeli non ci fanno conoscere Cristo se non attraverso il soprannaturale.
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