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      Si è voluto vedere nei quadri profetici soltanto l'immagine di un Messia regale e guerriero, che avrebbe fatto rinascere lo splendore del regno di Davide. Ma c'era altra cosa: e precisante l'immagine famosa di Isaia(114) che è il vero piano della Passione di Cristo. Un'immagine non esclude l'altra, ma nella mente degli Ebrei finirono per combinarsi. Le prove dolorose della cattività di Babilonia e di quella dei Romani finirono per persuaderli che l'epoca sognata di un ritorno della gloria di Davide si allontanava sempre più dalla realtà, ed allora fu ammesso che le prove dolorose del Cristo (personificazione d'Israele) e la sua stessa morte (Daniele IX, 26) non erano che il cammino per arrivare alla gloria, la quale fu poi riposta nell'altro mondo.
      Donde l'idea della Risurrezione, dapprima estranea al giudaismo, che poi l'accolse al contatto coi popoli orientali e che doveva del resto trovare e trovò nell'Antico Testamento(115) poiché doveva adattarla al mito del Dio Redentore, che muore e risuscita, essendo questo, come abbiamo dimostrato, sulla confessione dei Vangeli stessi, il piano dei cristiani: di adattare, cioè, il nuovo mito alle profezie dell'Antico Testamento.
      Tutte le credenze del Vangelo, come dice bene l'Havet, furono dunque delle immaginazioni ebraiche prima di essere dei dogmi cristiani. Ma più vera e precisa è ancora la proposizione inversa vale a dire che non l'Antico Testamento ha preparato il Nuovo, ma il Nuovo fu adattato all'Antico. Ecco così spiegato come ci poterono essere e dei profeti ed un Messia vaticinato.


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Gesù Cristo non è mai esistito
di Emilio Bossi (Milesbo)
pagine 292

   





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