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      Ove si vede che per la morale evangelica sono preferibili i delinquenti comuni, purché credenti, agli increduli, anche se onesti.
      Ora, questa morale non può essere che teologica. Essa è in relazione con la morale di tutto l'Antico Testamento, il quale è stato dimostrato appunto essere opera quasi esclusivamente teologica(203) e che in molti incontri fa valere questa massima, la quale sconvolge tutto l'ordine morale, spostando la base stessa della morale dalle azioni nel culto, dal bene oprare al credere ed al seguire le pratiche religiose(204). Coronamento di questo sistema teologico sono l'eternità delle pene predicata dal mansueto agnello di Nazaret (Matt. XXV, 41, 46; XVIII, 8) e il perdono al nemico predicato in questa vita soltanto per accumulare sulla sua testa dei carboni ardenti (Epistola ai Romani, XII, 20).
      Ma dove principalmente si manifesta il carattere settario, teologico e veramente sacerdotale della morale evangelica, è nel predicare la persecuzione religiosa.
      Non è soltanto col famoso compelle intrare che Gesù Cristo, o meglio coloro i quali hanno scritto sotto il suo nome, hanno proclamato la legittimità della persecuzione religiosa(205).
      Ma vi sono nei Vangeli propriamente espressioni d'una evidenza meridiana in favore della persecuzione religiosa. Al capo XIX di Luca, v. 27, Gesù mette in bocca ad uno dei personaggi delle sue parabole, nel quale rappresenta sé stesso, le seguenti parole: «Menate qua quei miei nemici, che non hanno voluto che io regnassi sopra di loro, e scannateli in mia presenza». Secondo Matteo(206) e secondo Luca(207), Gesù ha detto che chi non è con lui è contro di lui.


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Gesù Cristo non è mai esistito
di Emilio Bossi (Milesbo)
pagine 292

   





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