Perfino l'istituto della scomunica è insegnato esplicitamente dal Gesù dei Vangeli, il quale vuole che sia posto al bando della Chiesa chi ad essa non si uniforma(212).
Predicando l'intolleranza e la persecuzione religiosa, Gesù Cristo, o meglio la casta sacerdotale che l'ha inventato, non fece che mantenere la tradizione dell'Antico Testamento, nel quale gli accenni e gli incitamenti all'odio teologico ed alla persecuzione degli increduli si incontrano ad ogni piè sospinto(213).
Ma nel medesimo tempo ha tradito l'origine prettamente teologica del mito che ha nome Gesù Cristo. In quanto che è proprio della casta sacerdotale il porre in non cale le massime fondamentali della morale umana, veramente e naturalmente umana, per imporre il dominio di quella che essa, animata dal pregiudizio teologico, ritiene essere la verità assoluta(214).
Anche le azioni che i Vangeli ascrivono a Cristo rispondono da una parte allo spirito settario della teologia, dall'altra alla preoccupazione costante della vita ultramondana che stava in cima ai pensieri dei suoi inventori.
Egli ricusa di ricevere la madre ed i fratelli venuti a cercarlo, allegando che i suoi parenti sono i suoi discepoli(215).
Quando, a dodici anni, fugge di casa, e i suoi genitori, dopo molte ricerche e vive inquietudini, lo trovano in capo a tre giorni a Gerusalemme, Gesù Cristo, alle loro dolci rimostranze, risponde seccamente: perché mi cercavate?(216).
Quando, alle nozze di Cana, Maria, sua madre, gli fa osservare che i commensali non hanno più vino, egli le risponde brutalmente: «Che c'è di comune fra me e te, donna?
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