Ebbene: anche Oro nasceva da una vergine al solstizio d'inverno e moriva all'equinozio di primavera per tosto risuscitare, come Cristo. Oro veniva esposto al solstizio d'inverno, sotto l'immagine d'un fanciullo, all'adorazione dei fedeli; «poiché allora, dice Macrobio, il giorno essendo più corto, questo Dio pare che ancor non sia che un debole fanciullo. Egli è il fanciullo dei misteri la cui immagine gli Egiziani traevano fuori dai loro santuari tutti gli anni al giorno fissato (25 dicembre)». È di questo infante che la dea di Sais si diceva madre nella famosa iscrizione: «Il Dio ch'io ho partorito è il Sole». Il dio Oro aveva pure la sua fuga, portato dalla vergine Iside, montata su di un asino.
Il medesimo mito fu, in Egitto, applicato anche al re Amenophis III, che qui giova ricordare, soltanto perché ne rimane un documento importantissimo, il quale dimostra che, diciotto secoli prima di Cristo, si conoscevano già i misteri che si trovano nel Vangelo di san Luca (c. I e II).
Si tratta infatti di un quadro dipinto per una delle pareti del tempio di Luxor, nel quale si vedono le scene dell'Annunciazione, della Concezione, della Nascita e dell'Adorazione. Questo quadro è stato riprodotto da G. Massey nel suo libro Natural Genesis(239). Nella prima scena il dio Tath, il Mercurio lunare (l'angelo Gabriele) saluta la Vergine e le annuncia ch'essa darà la luce a un figlio. Nella scena seguente il dio Knept (lo Spirito) produce la concezione. Nella scena dell'adorazione il bambino riceve gli omaggi degli Dei e i doni di tre personaggi (i Magi).
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