Se era esaurita la fede negli Dei, era altresì venuta meno la fede nel buon senso e nella filosofia. Lo scetticismo filosofico dominava sovrano. Lo spirito agitato cercava un punto, un letto su cui riposare: la scienza sperimentale non essendo ancora conosciuta, si andava farneticando in traccia di una nuova rivelazione. Il neopitagorismo e più tardi il neoplatonismo non furono che abbozzi di siffatti tentativi. La superstizione era in recrudescenza. Il volgo, abbandonato a sé, e nell'impossibilità di istruirsi, era completamente in balìa dei culti, vecchi del paese, o di nuova importazione. Il dubbio pesava troppo a quelle menti non ancora sorrette dalla scienza. Diodoro aveva già invidiato per i Greci la tranquillità che i Caldei trovavano nelle loro credenze religiose immobili e non soggette a critica. Eliano parla come Diodoro, facendo un merito all'Oriente di non avere mai dubitato.
Nella disaggregazione politica e nello sconforto della perduta libertà, quando né leggi, né potere, né costumi più bastavano a rinfrancare la fede smarrita, l'umanità si gettava a capo fitto nei sogni del soprannaturale, come per aggrapparsi ad un'ultima àncora di salvezza. L'universale impotenza sentiva il bisogno di un giogo nell'ordine spirituale come nell'ordine temporale: la ragione non era abbastanza matura per reggersi da sé nella libertà del pensiero.
Gli stessi poeti erotici, Ovidio e Tibullo - anzi, essi più che tutti, per l'intima connessione dell'esaltazione del sentimento erotico con quella del sentimento mistico - si fanno l'eco della devozione dominante negli spiriti di quel tempo.
| |
Greci Caldei Diodoro Oriente Ovidio Tibullo Diodoro
|