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      Perfino Seneca, tuttoché filosofo incredulo, mostra di credere all'astrologia, alla fine del mondo presente e ad una nuova palingenesi: egli va fino a parlare della riconoscenza dovuta al sole ed alla luna. Lucano addita l'anima di Pompeo che sale al cielo, ove prende stanza fra le anime sante e donde contempla il nostro mondo miserabile e la spoglia mortale ch'essa vi ha lasciata. Anche Virgilio subisce la credenza nella palingenesi universale: la nascita di un fanciullo gli detta il cumaeum carmen, in cui sogna ad occhi aperti sulla fede dell'apocalissi sibillina.
      La moltitudine dei dogmi e delle religioni convenute a Roma favoriva soprattutto questa attitudine degli spiriti, predisponendoli ad accettare quella qualsiasi dottrina religiosa che più contenesse di pretese autoritarie, per il bisogno universale di unità religiosa e di acquiescenza in una credenza che attutisse gli spasimi dell'incertezza, dell'indecisione, della confusione, del caos.
      Gli spiriti erano affaticati, stanchi di pensare, ed anelavano al riposo.
      L'unità del mondo, preparata da Alessandro e compiuta da Roma, nella quale si realizzava la pace universale nella universale servitù, e l'universalità della lingua greca, divenuta il veicolo e il punto di contatto morale delle più diverse nazioni, come Roma era divenuta il centro e il punto di contatto materiale dei diversi popoli, condussero tutte le menti alla concezione dell'uomo universale, che non fosse più soltanto cittadino di Atene, di Alessandria, di Gerusalemme o di Roma, ma uomo umano, giusta l'espressione dello Strauss, come la moltitudine delle religioni (Galli, Caldei, Persiani, Egiziani, Ebrei, ecc.


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Gesù Cristo non è mai esistito
di Emilio Bossi (Milesbo)
pagine 292

   





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