E qui torna opportuno l'osservare che l'invenzione di Gesù non può essere stata opera di Ebrei, bensì di Romani; non soltanto per la parte bella assegnata dai Vangeli a Pilato, contro quella logica delle idee che corrisponde alla logica dei fatti; ma soprattutto per la parte odiosa, inverosimile e assurda che i Vangeli assegnano agli Ebrei; la parte, cioè, di deicidi. Ripugna alla mente ed al cuore il solo supporre che una calunnia così atroce, la quale doveva pesare per tanti secoli su d'un popolo, non d'altro colpevole che d'essersi rifiutato a sottoscrivere alla menzogna della pretesa venuta del Messia, possa essere stata inventata da Ebrei, per quanto innovatori ed espatriati. No: essa non può esser stata fabbricata che dal cristianesimo romano, già sulla via del cattolicesimo cesareo e teocratico, al quale occorreva un nuovo Dio antropomorfo per gettare le basi della sua potenza, e che, nell'aspettativa messianica degli Ebrei e nella loro credenza nel Dio Redentore egiziano Serapide, trovava giusto l'occorrente per fabbricarlo, tanto più che la distruzione di Gerusalemme e la dispersione degli Ebrei gli fornivano l'occasione propizia ch'erano passate le generazioni e i testimoni che avrebbero potuto smentirlo(310).
Comunque, questa, del momento storico approssimativo in cui è stata inventata la favola di Gesù Cristo, è questione affatto superflua al nostro soggetto: perché mentre la prova dell'inesistenza storica di Gesù è per noi già raggiunta, d'altra parte il fatto innegabile della sua invenzione posteriore alla propaganda in favore del cristianesimo sostenuta nel mondo latino dai Giudei non ancora cristiani, questo fatto, per quanto oscuro e difficilmente solubile, è tuttavia una nuova prova, anche nella sua oscurità, in favore della nostra tesi.
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