Convincerla ad abbandonare il dogma divino, a considerarlo come un semplice simbolismo, a separare i testamenti e a non conservare che la morale cristiana, di guisa da non essere più in conflitto con lo spirito scientifico e a non più presentarsi al mondo che quale guardiana di una ammirabile morale di giustizia.
«Si trattava non di un suicidio della Chiesa, non di un rinnegamento pubblico della rivelazione, che sarebbe equivalso ad una bancarotta, ma d'una trasformazione abile che avrebbe permesso alla Chiesa di non trovarsi più a conflitto diretto con la scienza.
«Di questa intelligente trasformazione, Renan era pronto a suggerire i termini, con la sua intelligenza finemente astuta e insinuante. Egli era imbevuto di cattolicesimo, egli era un conciliatore infinitamente diplomatico tra il dogma e la critica.
«Ad ogni passo nella sua opera lo si vede attribuire alle cerimonie del culto, al dogma, un valore simbolico, vantarne la bellezza e sottointendere che importa poco che il dogma sia vero o falso, purché lo si conservi come una bella costruzione di desiderio religioso dell'essere umano.
«È lecito pensare che Renan sperava di far adottare questa "soluzione elegante" di un problema d'antinomie della scienza e della fede. In ogni caso egli deplorò tutta la sua vita che non si sia ammessa la sua soluzione.
«Se la Chiesa l'avesse accettata, vi avrebbe trovata una forza enorme. Essa avrebbe potuto così conservare le sue cerimonie, ma con un sorriso reticente, significante ch'essa non accordava loro che un valore storico e allegorico; essa poteva in tal caso accettare la scienza e riservarsi la morale pubblica.
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