E se lo schiavo ebreo voleva rimaner schiavo colla moglie e i figli, gli si forava l'orecchio e restava schiavo in perpetuo. Il versetto 19 del Capo XXIX dei Proverbi, dice che lo schiavo non si corregge con parole, ma col bastone. «La profenda, dice Gesù figlio di Sirach, ed il bastone e la soma sono per l'asino; ed il pane ed il castigo ed il lavoro sono per lo schiavo. Fallo lavorare e tu troverai riposo; lasciagli rallentare le mani, ed egli cercherà libertà. Non ti vergognare di castigare i figliuoli, e di insanguinare i fianchi dello schiavo malvagio» (Ecclesiaste XXXIII, 28; XLII, 1, 5). Il Nuovo Testamento, non solo non abolisce la schiavitù consacrata dall'Antico, ma la conserva esplicitamente. Infatti san Paolo, nella Epistola agli Efesi (VI, 5-9) e nell'Epistola a Timoteo (VI, 1, 2), raccomanda allo schiavo di ubbidire con rassegnazione. San Pietro rincara la soma. I Padri del cristianesimo, come sant'Ignazio, sant'Isidoro, san Giovanni Crisostomo, sant'Agostino, e vescovi come Bossuet e Bouvier giustificarono pure la schiavitù, e la Chiesa la praticò e se ne valse, fin ch'essa fu in vigore, come dappoi approfittò anche della servitù. Ne sono prova eloquente i Concili. In ciò il cristianesimo, lungi dal portare verun miglioramento al paganesimo, gli fu d'assai inferiore! Imperocché, non solo in Atene e in Roma la filosofia predicava l'umanità verso gli schiavi, ma la giurisprudenza stessa cominciava ad introdurre dei raddolcimenti verso di essi, soprattutto a datare dall'illustre Labeone venendo giù fino al Digesto.
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