(284) Intendiamoci, però; fu solo il cristianesimo paulianiano che allargò la patria del credente: il Cristo biblico non è che un ebreo nazionalista, come si è già veduto. A questo proposito può leggersi con profitto Hartmann: La religion de l'avenir (trad. franc., Alcan, Paris).
(285) De ira, lib. I, cap. XIV.
(286) Accenneremo ancora, per compire i molteplici titoli di inferiorità del cristianesimo di fronte al politeismo ed al giudaismo stesso, il suo spirito anti-scientifico e dogmatico che, agli errori di quel tempo aggiungendo l'immobilismo, soffocò la libertà del pensiero, fonte di ogni progresso intellettuale e conseguentemente morale. Infatti, ponendo la Bibbia, con la sua cosmologia errata e puerile e coi suoi molteplici errori scientifici, come un'emanazione della verità divina, ne veniva che dovesse reputarsi infallibile tutto quanto in essa è detto, anche nel dominio scientifico, perché Dio non può sbagliarsi, eppertanto che la scienza non avrebbe potuto procedere oltre le colonne d'Ercole della Bibbia. Inoltre la libertà del pensiero veniva sbandita anche per altra via, perché la discussione non poteva ammettersi in una Chiesa avente il deposito divino della verità assoluta, e preoccupata esclusivamente dello zelo religioso. Si sa quali funesti effetti ne derivarono: citiamo, per tutti, la persecuzione di Galileo, mentre la sua medesima scoperta aveva potuto venire preconizzata in Grecia da Hiceta - al dire di Teofrasto - e da Aristarco di Samo, senza che essi ne patissero molestia alcuna.
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