1. Sacra Scrittura: Epist. ai Gal. 5, 19 e 21: «É evidente che coloro i quali compiono opere carnali, come la fornicazione, l'impurità, l'impudicizia, la lussuria, e altre cose simili, ch'io vi esposi come or vi espongo, non entreranno nel regno de' Cieli,»
2. Santi Padri e teologi sono unanimi nell'insegnare che il peccato della lussuria è, per natura sua, mortale.
3. La ragione dice che i piaceri venerei furono dalla ment del Creatore unicamente destinati alla propagazione del genere umano; quindi lo invertire la natura è un grave disordine e perciò un peccato mortale. Per cui si domanda: Se la lussuria sia per sè un peccato tanto mortale da escludere, la leggerezza di materia, vale a dire se egli può essere, per pochezza di sostanza, veniale.
R. 1. Le specie di lussuria consumata, sia naturaIe, sia contro natura, a cui accennammo, non ammettono leggerezza di materia.
Infatti, non ripugna forse manifestamente che si possa abbandonarsi a fornicazioni o a polluzioni volontarie, le quali non abbiano in sè che una leggiera sostanza peccaminosa?
R. 2. Il piacere puramente organico, quello cioè che nasce naturalmente dai nostri organi, come sarebbe, per esempio, la soddisfazione di contemplare una bellezza, d'ascoltare una melodia, di toccare un oggetto molle e morbido, ecc., è un piacere ben distinto dal piacere venereo, e può benissimo essere materialmente lieve, imperocchè questo diletto non è in sè cattivo, avendolo lo stesso Iddio annesso ai sensi per un fine legittimo; non può dunque essere un peccato mortale, se non in ragione del pericolo che ne potrebbe risultare insistendo in esso: ma può benissimo darsi che in certe persone cotesto pericolo non sia affatto grave.
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