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      R. 4. Il piacere venereo, voluto direttamente, lo si può verificare negli sposi e negli scapoli: negli sposi, è lecito semprechè sia coordinato all'atto coniugale. Se poi avviene all'infuori di codesto atto, e per opera d'uno solo dei coniugi, senza che vi sia grave pericolo d'incontinenza, è reputato comunemente peccato veniale, perchè si mantiene sempre in un ambiente lecito. Ma su ciò ci diffonderemo altrove.
      La questione or si riduce a sapere se il piacere venereo voluto direttamente, all'infuori del matrimonio, sia lieve di materia.
      Generalmente gli autori sostengono, contro Caramuel e pochi altri, che un tale piacere non è mai peccato veniele per insufficienza di materia, e si sforzano di comprovarlo:
      1. Coll'autorità di Alessandro VII, il quale nell'anno 1664 condannò la seguente proposizione: «Si opina probabilmente che un bacio, dato per sentire un diletto carnale da esso proveniente, escluso però il pericolo di ulteriori brame e di polluzioni, non sia che un peccato veniale.» Cotesta proposizione fu condannata, per il motivo che per diletto carnale si suole intendere un diletto o piacere venereo; non è dunque probabile che questo piacere, per quanto sia limitato, sia solamente un peccato veniale.
      2. La ragione ci dice che noi siamo così propensi per la nostra indole corrotta al vizio della lussuria che basta spesso una menoma causa per produrre grandi effetti perciò data l'ipotesi di un consenso diretto al piacere venereo, si va incontro sempre all'imminente pericolo di un ulteriore consenso o di una polluzione; cosa che non avviene con altri vizi.


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Venere ed Imene al tribunale della penitenza.
:Manuale dei confessori
di Jean Baptiste Bouvier
1885 pagine 191

   





Caramuel Coll Alessandro VII