Così Dins, t. 4 p. 261.
L'accoppiamento carnale, ancorchè leggittimo, fra sposi, in luogo sacro, e senza che vi fosse necessità alcuna, implica la malizia del sacrilegio; così i Dottori, giusta tit. 68, c. 3. Se poi questo accoppiamento avviene in luogo sacro per sola necessità, per esempio, se marito e moglie fossero rinchiusi dentro un luogo sacro come prigionieri in caso di guerra, e se, non accoppiandosi, fossero minacciati dal pericolo della incontinenza, molti negano che il luogo resti profanato e che i coniugi pecchino, imperocchè la Chiesa non può in tali circostanze proibire un atto che in fine per sè stesso è lecito.
Ma i più — e noi con essi — affermano che l'accoppiamento matrimoniale è, in questo caso, illecito e sacrilego, perchè è impossibile che vi sia tale una necessità che possa indurre la Chiesa a trasgredire alla severità della sua legge, legge istituita per onorare Dio. Del resto ognuno, colla preghiera, col digiuno e con altri espedienti, può sedare gli stimoli della carne, come sarebbe obbligato a sedarli se, per esempio, il suo coniuge fosse assente, o infermo, o morto. Non si deve accettare in pratica che questa sola opinione. Vedi Billuart, t. 13, p. 406 e S. Lig. t. 3, n. 458.
3. Per cose sacre intendonsi quegli oggetti, che non sono nè persone nè luoghi sacri, ma che sono consacrati al culto divino, come gli ornamenti e i vasi sacri. E' certo che è un orribile sacrilegio abusare di queste cose per compiere atti turpi, per esempio, servirsi falsamente e con intendimenti lascivi dell'acqua benedetta, dell'olio santo o della sacra Eucaristia.
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