Si deve dunque pesare prima con maturo esame le circostanze riguardanti la persona, l'accusa, e il preteso delitto ed occorre vietare che il complice si abbocchi con questo confessore.
Ma se, tutto pesato sulla bilancia del santuario, risulta che il sacerdote è reo, si deve esaminare se si tratta di colpe di antica data, una o più volte commesse e già espiate, ovvero se si tratta d'un abitudine a commettere questo genere di peccato o ad eccitarlo in altri o d'una qualsiasi altra colpa che mostri un uomo di perduti costumi. Nel primo caso, non è obbligatoria la denuncia perchè si suppone, e ragionevolmente si presume, che più non esista il male, nè sia per rinnovarsi; nè v'ha d'altronde ragione sufficiente per ledere la riputazione di un sacerdote.
La difficoltà sta nel sapere se nel secondo caso, esista l'obbligo naturale di fare la denuncia.
PROPOSIZIONE. — Quegli il quale sa che un sacerdote, un prete qualunque, vive in modo vergognoso, o eccita altri a cose turpi è obbligato dalla legge naturale a denunziarlo al vescovo o al vicario generale.
PROVA — Tutti i teologi insegnano trattando della corruzione che un delitto segreto deve essere denunciati al superiore, sia per correggere il colpevole, sia per stornare un male che minaccia il pubblico e i privati: così devono denunciarsi, anche senza previa ammonizione, gli eretici che spargono l'errore, i ladri, i masnadieri, i traditori della patria, gli avvelenatori, i farmacisti che vendono a chiunque sostanze velenose, i falsificatori di monete, i corruttori di giovani e di ragazze, i congiurati a dar morte a qualcuno, ecc., ecc.
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