2, Sylvius, t. 3, p. 871, Pontas, Collet, Billuart, ecc.
E' da notarsi che quest'argomento può essere considerato sotto quattro aspetti, cioè:
1. Proteggere il corpo contro le ingiurie dell'atmosfera;
2. Coprire le parti pudibonde della natura;
3. Conservare, a seconda dei costumi del paese nativo, la decenza del proprio stato;
4. Accrescere l'avvenenza e piacere ad altri.
Il 1° e il 2° sono necessari; il 3° è conveniente e lecito, imperocchè la ragione stessa approva che ciascuno conservi sempre, secondo gli usi della sua patria, la decenza del proprio stato.
Parleremo dunque dell'abbigliamento del senso come al n. 4°, e ci occuperemo specialmente dell'abbigliamento delle donne, perchè le donne sono sempre molto più degli uomini proclive verso questo genere di peccati e perchè attirando colla loro toeletta gli sguardi degli uomini, offrono ad essi occasione di spirituale rovina. Per conseguenza:
1. Una donna maritata può decentemente adornarsi colla intenzione di piacere a suo marito; lo dice S. Paolo, I, ai Corint. 7, 34, con queste parole: «La donna maritata pensi alle cose di questo mondo e a piacere a suo marito» e con queste altre. I, a Timot. 2, 9: «Le donne devono ornare il loro abbigliamento con verecondia e con sobrietà.»
Perciò possono adornarsi decentemente, a seconda del proprio stato, per piacere ai loro mariti.
2. La ragazza o la vedova che, giusta la sua condizione, si adorna con decenza per piacere castamente e per provare uno sposo, non pecca, imperocchè il matrimonio è in sè stesso lecito: essa può quindi far uso di quanto è necessario per fare un matrimonio conveniente.
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