2. Sono peccati mortali, al contrario, tutte le parole oscene ed anche le semplici frase ambigue dette con intenzioni lascive o con volontario diletto carnale, o con grave pericolo di trascinare sè od altri ad acconsentire alla lussuria. Questo peccato s'aggrava in ragione del numero delle persone che ascoltano e alle quali nuoce. La cosa è evidente.
Così, il parlare gravemente osceno, come il nominare le parti vergognose dell'altro sesso, il parlare dell'accoppiamento carnale e dei modi di questo accoppiamento, ancorchè si parli senza piacere voluttuoso, ma per leggerezza affine di eccitare il riso, è reputato peccato mortale, perchè tale linguaggio eccita, di sua natura, movimenti libidinosi, specialmente nelle persone (sia che parlino o che ascoltino) le quali non sono conjugate e sono ancor giovani: e ciò dice pure S. Paolo, I ai Corint., 15, 33: «I cattivi discorsi corrompono i buoni costumi.» Io dissi, persone specialmente non conjugate, per la ragione che certamente i conjugi non si commoverebbero tanto facilmente essendo essi già assuefatti agli atti venerei.
Coloro però che dicono parole oscene in presenza di persone conjugate ma che non sono però coniugati fra loro, è ben difficile che non pecchino mortalmente.
3. Le parole leggermente oscene e le frasi equivoche proferite per vano sollazzo o per ischerzo non sono peccato mortale, a meno che gli astanti non sieno tanto deboli da sentirne il pericolo. Per lo che quegli intercalari meno onesti ehe i mietitori, i vendemmiatori, i mugnaj ed altri operai sogliono proferire, non sono generalmente peccati mortali, imperocchè ordinariemente commovono ben poco e chi li dice e chi li ascolta.
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S. Paolo Corint Paolo
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