5. Io non credo poi rei di peccato mortale quelli che, soltanto qualche volta durante l'anno, per esempio, nella epoca della messe, nei giorni della vendemmia sogliono offrire balli alla famiglia, ai vicini, o ai lavoratori. Li biasimerei, ma alla comunione pasquale li assolverei: egualmente mi comporterei coi suonatori; e a più forte ragione con loro che, senza uno speciale pericolo, avessero, in questi casi, danzato.
6. Nè vorrei rigorosamente negare l'assoluzione a tutti quelli che, nelle pubbliche feste da ballo, danzano qualche volta. Vi possono essere delle ragioni che scusano, non da ogni peccato, ma dal più grave, il peccato mortale per esempio, se un giovane si esponesse, non danzando, alla derisione dei compagni, o se una ragazza venisse sprezzata dal suo fidanzato quando rifiutasse di danzare, per lo contrario, non ammetterci scusa per quei suonatori che in queste pubbliche feste da ballo fanno professione di suonare, perciocchè, senza una giustificazione sufficente, favoriscono in molti l'occassione di peccare.
7. Credo che non si possa assolvere, nemmeno a Pasqua, quegli che vogliono frequentare di giorno e di notte pubblici balli, perchè espongorsi a pericolo evidente, e infatti l'esperienza ci dice che costoro sono quasi tutti gente corrotta.
Non sarà fuor di proposito riferire qui parola per parola la decisione che il dottissimo e sapientissimo Tronson, consultato da un vescovo sulla questione dei balli, emise il 29 maggio 1684, relativamente alle ragazze che vogliono danzare.
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Credo Pasqua Tronson
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