R. Sanchez e molti con esso; l. 7, disp. 97, n. 13, affermano ciò essere lecito, e si adoperano nella seguente maniera a provare il loro asserto: — Quelli che contrassero matrimonio con tale impotenza, possono abitare assieme come fratello e sorella, escluso che sia ogni pericolo di peccato; dunque, a pari motivo, se ragionevolmente essi non temono un tale pericolo, possono, anche colla consapevolezza della impotenza, contrarre matrimonio coll'intendimento di aiutarsi mutuamente. Così la Beata Vergine e S. Giuseppe contrassero un vero matrimonio colla espressa intenzione di non usare l'accoppiamento carnale.
Ma gli altri Dottori negano generalmente che ciò sia lecito, imperocchè, dicono, non v'ha dubbio che questo matrimonio, se non potesse mai essere consumato, sarebbe nullo; contrarre volontariamente un matrimonio nullo, sarebbe una vera impostura, una profanazione del sacro rito, e per conseguenza un sacrilegio: tali connubii dunque non devono essere mai permessi. In quanto all'esempio addotto, negano la parità di circostanze, imperocchè il matrimonio fra la Beata Vergine e S. Giuseppe era un matrimonio valido.
Si domanda: 2. Che deve farsi se non si è sicuri che l'impotenza sia antecedente o susseguente al matrimonio?
R. Siccome noi qui non dobbiamo trattare la cosa che sotto l'aspetto del foro interno, devesi giudicare a seconda della dichiarazione del penitente: se il penitente dice nettamente che c'è e che ci fu sempre in lui impotenza a compiere l'atto coniugale, devesi pronunciare la nullità del matrimonio.
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