Dunque, se sopravviene in tale argomento qualche difficoltà, non può riguardare che l'accoppiamento carnale compiuto per sola voluttà ovvero soltanto per evitare la incontinenza.
§ I. — Dell'accoppiamento per sola voluttà.
L'atto coniugale compiuto per sola voluttà è peccato, ma soltanto veniale. Che sia peccato lo prova:
1. L'autorità di Innocenzo XI, il quale condannò, nell'anno 1679, la seguente proposizione: «L'atto coniugale compiuto pel solo piacere ch'esso procura è esente da ogni colpa, o fallo, anche veniale.»
2. La Ragione: il piacere annesso al compimento dell'atto coniugale, è il mezzo che conduce al fine, cioè alla procreazione della prole: all'infuori di questo scopo, quel piacere diventa illecito; e a più forte ragione è illecito l'accoppiamento se, sviato dal suo scopo, non si compie che per voluttà. Che il peccato poi sia veniale, la Ragione stessa così lo dimostra: — il piacere che si prova in una cosa buona non è in se stesso cattivo, ma lo è soltanto se avviene per uno scopo che manca di legittimità. Così è del piacere che si prova mangiando: nessuno nega che in certi casi particolari, la mancanza d'un legittimo motivo, per esempio, se si mangia pel solo piacere di mangiare, non sia un peccato, ma è un peccato soltanto veniale. Così pensano S. Agostino, S. Ambrogio, S. Tomaso, S. Bonaventura, in generale, i teologi, contrariamente a coloro che dicono essere invece un peccato mortale. Altri molti, per lo contrario, vogliono, con Sanchez l. 9, disp. 11, n. 1, che non vi sia menomamente peccato.
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