§ II. — Dell'atto coniugale compiuto per evitare l'incontinenza.
Si domanda se sia peccato e quale peccato il chiedere il debito coniugale pel solo motivo di evitare la incontinenza. Su questo argomento i teologi sono molto discordi, ma le loro opinioni possono infine ridursi a due principali, che molto chiaramente sono esposte da Sanchez lib, 9, disp. 9, e dal P. Antonio, ediz. nuov, 9, 5. dull'obbligo de' conj. tit. 4, pag. 296.
I. Molti dicono non esservi peccato, e così provano il loro asserto:
1. Nel I. ai Corint. 7, 2, leggesi: «Che ciascun uomo abbia la sua moglie; che ciascuna donna abbia il suo marito, affine di non cadere nella fornicazione.» E l'Apostolo aggiunge, v. 5: «Non vogliate sottoporvi tra voi (coniugi) ad astinenze, se non sono mutuamente acconsentite e temporanee, come per esempio, durante il tempo dedicato alle preghiere; e ritornate tosto a voi medesimi per timore che il Demonio non approfitti di voi e vi tragga poi nella incontinenza: e questo ve lo dico non per comandarvelo, ma per essere indulgente: desidero che voi tutti siate come sono io». S. Paolo qui non mette innanzi, che la sola incontinenza, come motivo per permettere l'atto coniugale, e non si può certo dire che l'Apostolo possa concedere la facoltà di commettere un atto peccaminoso.
2. L'autorevole catechismo del Concilio di Trento 2. part. cap. 14, § III, così espone il terzo motivo per cui fu istituito il matrimonio, dopo il fallo dei primi padri: «Quegli che conosce la propria fragilità nè vuole affrontare le battaglie della carne, si valga del rimedio del matrimonio affine di evitare i peccati di libidine.
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