In proposito Dens, t. 7, p. 196, decide che non è in generale, conveniente che gli sposi, specialmente se sono giovani, si votino a pepertua castità, perchè in tal caso l'amore fra essi scema, il loro vincolo spirituale si allenta, e più acre punge lo stimolo della carne: laonde il confessore non deve nè consigliare né permettere loro tale voto.
Esiste dunque ordinariamente, dopo la consumazione del matrimonio, una ragione sufficiente per domandare la dispensa da cotesti voti, affinchè gli sposi che abitano assieme, vinti dalle tentazioni della carne, non sieno indotti a peccare contro l'obbligo che si sono imposto.
Si noti che la dispensa del voto, emesso da un conjuge, senza saputa dell'altro, non è un caso riservato al sommo Pontefice, imperocchè, per massima, le cose odiose devono essere interpetrate ristrettivamente, ed il solo caso riservato è quello del voto di perfetta castità. Ora, nel caso di cui si tratta, non fu votata la castità perfetta, perchè resta sempre l'obbligo di rendere il debito coniugale che fosse richiesto. Egualmente non è riservato il voto emesso prima del matrimonio, imperocchè in virtù del susseguente matrimonio, il voto, di perfetto, diventa imperfetto. Il vescovo può dispensare da questo voto. Ma la cosa sarebbe diversa — e ciò è evidente — se il voto fosse emesso da entrambi, ovvero da uno solo, ma col consenso dell'altro.
Il voto di non contrarre più matrimonio, o di prendere gli ordini sacri, dopo aver già contratto matrimonio; e il voto di abbracciare lo stato ecclesiastico, emesso dopo la consumazione del matrimonio, non impediscono nè il rendere nè il chiedere il debito coniugale, e in questi casi perciò non è necessaria dispensa alcuna, imperocchè questi voti non vincolano se non dopo la dissoluzione del matrimonio.
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Dens Pontefice Egualmente
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