Se poi vi fosse una causa ragionevole che giustificasse la richiesta del debito coniugale, per esempio, una grave tentazione, o per sfuggire alla incontinenza, non vi sarebbe alcun peccato. Così Navarrus, Paludanus, la scuola di Salamanca, S. Liguori.
Se però la mestruazione, che ordinariamente non va più in là di due o tre giorni, si prolungasse e diventasse quasi continua come talvolta accade, il marito può, senza peccare, chiedere il debito coniugale; imperocchè sarebbe per esso assai più grave l'astenersene.
Tutti sono d'accordo che non pecca la moglie, la quale rende il debito durante la mestruazione: ed è pure tenuta a renderlo, se il marito non voglia ascoltare benigni avvertimenti e desistere, a meno che non sia evidente un grave danno, come suole accadere allorchè la mestruazione è sovrabbondante.
Ciò che si dice riguardo al tempo dei mestrui, dicasi con eguale ragione riguardo al tempo della gravidanza e del flusso che segue il parto. Vedi S Liguori l. 6, 926.
II. Chiedere il debito coniugale durante il tempo della gravidanza non è peccato mortale, semprechè sia escluso il pericolo d'aborto; è opinione questa comunissima fra i teologi, ed è una conseguenza di quanto abbiam detto intorno alla «richiesta del debito coniugale per evitare la incontinenza.» Nel caso, di cui è parola, il feto umano si trova talmente avvolto nella matrice ch'esso non può essere toccato dal seme dell'uomo, ed è per ciò che non è presumibile un facile aborto. Per tali motivi, con importune interrogazioni non devonsi su questo tema molestare i coniugi.
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